Maestro dell'Epifania di Bruxelles - Galleria Luigi Caretto

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Maestro dell'Epifania di Bruxelles

Quadri mostra
 
 

Maestro dell’Epifania di Bruxelles
Adorazione dei Magi
Olio su tavola centinata cm 104x70
Opera databile 1530 ca.


 
 
 
 


 
 

Si ringrazia Peter van den Brink per il prezioso aiuto fornito nella catalogazione dell’opera

Bibliografia:
Georges Marlier, La Renaissance flamande, Pierre Coeck d'Alost, 1966.

Nota:
Quando Geroges Marlier realizzò la sua monografia su Pieter Coeck van Alest, destinò un’apposita appendice a quei pittori che, pur operanti nello stretto circolo del Maestro, si distinguevano per autonomia di stile e qualità artistica.
Tra questi, un posto di rilevanza spetta al così detto Maestro dell’Epifania di Bruxelles. Il nome deriva dal dipinto chiave attorno al quale è stato ricostruito il corpus pittorico dell’artista, oggi conservato al museo reale di Bruxelles e raffigurante quello che sembra essere il soggetto preferito dall’autore, per l’appunto l’Adorazione dei Re Magi.
La composizione, che reca al suo interno una serie di elementi stilistici e formali inconfondibili, deriverebbe a sua volta da un trittico eseguito Jan van Dornicke ed oggi parte della collezione Barcilon. A sua volta, un’altra Adorazione di identico stile è conservata nella celebre collezione del Barone Coppée.
Come sottolineato dal Professor van den Brink, l’officina artistica di Pieter Coeck operava secondo schemi estremamente organizzati, al punto tale che ognuna delle composizioni impostate e ideate dal maestro veniva sovente assegnata a specifici allievi, ciascuno dotato di abilità e qualità differenti.
Il Maestro dell’Epifania di Bruxelles si distingue per la reiterazione di alcune elementi che sono la chiave di lettura del suo modus operandi.
Lo schema prevede sempre la presenza dei Re Magi posti in posizione distaccata rispetto alla Madonna e San Giuseppe, nonché la presenza di quel gesto così caratteristico del re Melchiorre, immortalato mentre si toglie il sontuoso cappello, rimanendo con il braccio sollevato e piegato in diagonale.
Anche il trattamento delle barbe e dei capelli segue uno stile preciso: ad esempio, la figura di San Giuseppe è pressoché identica al San Girolamo oggi conservato alla Bob Jones University. Il procedimento compositivo prevedeva la stesura di un primo strato pittorico (necessario ad impostare il colore desiderato) sopra al quale venivano poste una serie di velature successive, fino allo strato finale, ottenuto per mezzo di un pennello molto sottile e necessario a realizzare i singoli crini, così ben distinguibili nella nostra composizione e particolarmente notevoli per raffinatezza ed eleganza.
Il trattamento dei gioielli e della parte architettonica, invece, predilige un tratto più marcato, da orefice, meno attento alla resa prospettica e più interessato alla piacevolezza del dato ottico e formale. Infine, un altro elemento diffuso in quasi tutte le composizioni del Maestro dell’Epifania di Bruxelles è l’albero fortemente slanciato e ben visibile sullo sfondo, utilizzato per dare equilibrio compositivo e dividere la scena di due settori.
Va sottolineato, inoltre, che il livello qualitativo dell’opera colloca il dipinto tra le più felici realizzazioni della scuola di Pieter Coeck van Aelst, tanto da aver fatto ipotizzare a più di un esperto la presenza diretta della mano di Coeck stesso, a supporto di quella del suo allievo.
L’ipotesi non deve stupire, se si pensa a come era organizzata la più grande bottega dell’Anversa del ‘500, capace di portare il così detto “Manierismo Anversese” a livelli di inconfondibile tipicità.
La ricchezza delle vesti, in particolare quella di Gaspare inginocchiato (trattata “a rilievo” per simulare vere e proprie punzonature da oreficeria), dei gioielli e delle armature, la levigata lucidità del volto di Maria, la perfezione anatomica delle mani, l’architettura classicheggiante e magniloquente, in contrasto col paesaggio verde e blu, indagato con precisione lenticolare, la cangianza delle superfici materiche, dal marmo policromo agli stucchi in rilievo, nonché la generale atmosfera rarefatta, fiabesca e sofisticata, fanno di questo dipinto un manifesto perfetto della pittura fiamminga ad Anversa nel ‘500.


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